giovedì 21 maggio 2020

DaD e non risultati

Cara Giorgia,
la quarantena è finita, dopo 69 lunghi giorni di #iorestoacasa ma la libertà non l'abbiamo riacquistata, com'era prevedibile d'altronde. Rimane il distanziamento sociale, la mascherina, i guanti, i parco giochi chiusi e il divieto di assembramento. Una sorta di potete uscire ma restate comunque da soli. E mi rendo conto che ora che possiamo respirare l'aria fuori dalle solite quattro mura dovremo essere felici e contenti, festeggiare questo grande traguardo e gridare la nostra felicità. Invece no, non lo facciamo. Perchè di fatto non siamo felici, siamo solo liberi di uscire dalla porta di casa per poi stare attenti ad ogni passo che facciamo o che fanno gli altri. Attenti che le altre persone non si avvicinino troppo o addirittura vi accarezzino come viene spontaneo fare a molti, normale, umano. Attenti che non  vi avviciniate agli altri bambini, attenti che questa limitata libertà non ci riporti nuovamente alla segregazione che abbiamo già vissuto e che conta già abbastanza danni a livello umano e sociale.
E poi penso alla scuola, alla sua assenza, alla sua mancanza.
Penso a come sarà a settembre e mi viene da piangere al solo pensiero che non possiate iniziare seduti tra i banchi di scuola a guardarvi in faccia mentre iniziate una nuova avventura, che non avrà di certo  buon sapore visti i sei mesi di nulla.
Non è vero, non c'è stato il nulla.
Ah giusto, qualcosa c'è stato, per qualcuno, in qualche momento, con qualche dispositivo.
Alcuni hanno potuto seguire le lezioni a distanza, alcuni hanno sempre fatto i compiti, alcuni hanno acquisito diverse competenze tecniche e curricolari, alcuni sono riusciti ad apprezzare gli aspetti positivi della DAD.
E gli altri?
No, ma quelli non contano, contano i risultati che si sono ottenuti.
Vanno considerati anche i non risultati, compresa la mancanza della relazione e del contatto, la differenza tra chi ha i genitori che lavorano, chi li ha a casa e chi li ha che lavorano in smart working.
Ma tutte queste cose si sanno, ne siamo tutti o quasi tutti consapevoli.
Si, ma allora che fare?
Bella domanda.
E qual'è la risposta?
Non lo so. So solo che non possiamo non fare. Occorre farci sentire, alzare la voce, unirci e combattere per salvare il presente e il futuro dei nostri bambini.
Occorrono soluzioni importanti e risolutive, che pongano il bambino al centro, che ci proteggano dal covid19 ma anche dalle conseguenze traumatiche della DAD. Occorre che qualcuno si metta seriamente nei panni dei bambini e dei genitori, che viva ciò che vivono loro ogni giorno per far si che tirino fuori dal cilindro il coniglio con la soluzione che fa al caso nostro. Non è facile trovarla, ma chi ha pensato di avere le competenze per governare un paese ora può dimostrare di saperlo fare, in primis per chi è senza passato ma che sarà il nostro futuro.





martedì 7 aprile 2020

senza conto alla rovescia

Cara Giorgia,
la quarantena da #covid19 dura da quasi un mese e io non so davvero definire il nostro stato attuale. E' una continua altalena emotiva, un farsi traghettare dalle giornate che scorrono veloci cercando di tenere un equilibrio che talvolta è precario e sfocia in un pianto o in una discussione, per poi finire sempre con un abbraccio perché attualmente è l'unico modo possibile per far tornare il sereno. Non senza spiegazioni, sfoghi, pensieri forti e parole gridate a tutto volume. 
Passerà, certo, prima o poi passerà.
Ma nel frattempo viviamo tutto questo, dimenticandoci per qualche momento la segregazione forzata, presi da un film, da un gioco o dal cibo. Ma quando d'un tratto torniamo alla realtà la tristezza ha la meglio. So che ti mancano i tuoi amichetti e la scuola, le tue maestre, tutte le persone care che nella vita normale ti stavano sempre accanto. So che ti mancano le attività all'aperto, le passeggiate, l'andare a fare la spesa, i saltelli mentre vai a scuola, le corsette nei vicoli mentre torniamo a casa. So che ti manca tutto questo anche se a parole non riesci ad esprimerlo. Lo fai con i gesti quotidiani, con i tuoi no, con i capricci, con le tue richieste talvolta esagerate, con i pianti disperati e i momenti da mettersi le mani tra i capelli. E talvolta le metto, tiro quei capelli, li tiro così forte che vorrei strapparmeli ad uno ad uno, contandoli così come conto i giorni che passano chiusi in casa. Ma non si può fare il conto alla rovescia, e questa credo sia la cosa che fa più paura, a noi adulti ma anche a voi bambini.
Difficile gestire il tutto, contenere la rabbia, lo spavento, la tristezza.
Le lasciamo andare, le tiriamo fuori. Dentro starebbero strette e imploderebbero in un malessere ancor più grande.
Lasciamole libere e utilizziamole in modo diverso, trasformiamole in qualcosa che ci fa stare bene.
Scrivo, do' voce alla fantasia e alla creatività che è riapparsa prepotentemente, forse come terapia per affrontare tutto questo.
Perché anche se ora ci sembra tutto più grande di noi, in mezzo qualche spiraglio io lo vedo e ci respiro dentro, anzi fuori.





giovedì 12 marzo 2020

#andràtuttobene

Cara Giorgia,
viviamo giorni difficili e surreali per quello strano ospite inaspettato chiamato coronavirus. Inaspettato ma conosciuto, ora più che mai. Di solito quando arriva un ospite si aprono le porte e lo si accoglie con allegria, ma non in questo caso. Con lui è tutto chiuso e l'allegria viene meno visto che dobbiamo restare a casa non si sa fino a quando. 
Dicono che #andràtuttobene e io ci voglio credere, ma nel frattempo è molto dura. 
Dicono che così abbiamo la possibilità di rallentare, di goderci ogni istante con voi.
Dicono che così possiamo dare spazio alla creatività, creare, inventare.
Dicono che così possiamo fare tutto ciò che non riuscivamo a fare nella vita normale con i ritmi frenetici della quotidianità.
Va bene tutto, ma quello che non dicono è che fare la mamma è pesante di base, fare la mamma in queste condizioni di segregazione è pesante al quadrato, anzi al cubo. Non ti rimane un briciolo di tempo per ritagliarti uno spazio per la tua persona, per le tue cose. Potresti averlo di sera, quando i bambini dormono, ma a quel punto anche tu, dopo aver letto le ultime news sull'andamento dell'isolamento, crolli all'istante mentre poggi la testa sul cuscino.
E quindi a questo punto ti fermi un istante e rifletti.
Mi fermo, penso e scrivo un decalogo personale con disposizioni da seguire ogni giorno per sopravvivere in questo caos fin troppo calmo:
  1. Uscire a passeggio in vicinato con te e Nicolò stando a distanza da chiunque.
  2. Spiegarti che vivere così è difficile per tutti ma che se facciamo un  gioco di squadra è tutto molto più semplice.
  3. Rilassarmi con te sul divano a guardare un film o cartoni animati.
  4. Chiudermi in bagno per 5 minuti quando raggiungo l'apice del nervosismo, respirare e ritrovare la razionalità.
  5. Abbracciarti ogni volta che mi dici un no.
  6. Cantare e ballare.
  7. Seguire andamento virus nei vari canali informativi ma senza alimentare ansia e panico.
  8. Ricordarmi che l'importante è raggiungere l'obiettivo comune: cacciare via questo virus con la corona, come lo chiami tu.
  9. Respirare e pensare che prima o poi tutto questo finirà perché come dice sempre nonno Toi  "cada cosa ata unu cuminzu e un agabbu".
  10. Guardarvi mentre ridete a crepapelle, ignari di tutto, ed essere felice di avere davanti a me uno spettacolo della natura.
#andràtuttobene


#iorestoacasa

giovedì 6 febbraio 2020

educare al cambiamento, all'autonomia e alla libertà 

Cara Giorgia,
credo che una pausa così lunga nello scriverti non l'abbia mai fatta. Ci sono diversi cambiamenti e nuovi impegni e il tempo per scriverti è sempre meno. Ma non solo. Forse manca anche l'ispirazione, che oggi è tornata prepotentemente dopo aver ricevuto un regalo.
Un libro che ha varcato il mare ed è arrivato fin qui, non senza un motivo. Un libro che ne ha subito richiamato un altro, oltre ad una bella chiacchierata sull'insegnamento legato all'autostima.
Si, perché insegnare non significa solo trasmettere contenuti, ma vuol dire anche far si che gli argomenti vengano capiti e collegati alla realtà in cui si vive.
Vuol dire anche far in modo che gli alunni credano in se stessi e non siano solo, purtroppo, soggetti da valutare.
Vuol dire anche aver fiducia in loro, incuriosirli ed ascoltarli, far in modo che si interessino agli argomenti, che abbiano voglia di approfondirli e di studiare non perché vengono minacciati o ricattati da un brutto voto ma perché credono nelle loro capacità e sete di conoscenza.
Vuol dire considerarli come persone e non come numeri, creare un'atmosfera accogliente e non di sfida, un clima sereno dove nessuno sta sopra nessuno, dove il docente non è un nemico da combattere o da fregare ma una persona che cammina insieme a loro nell'avventura che la scuola offre.
Vuol dire trasmettere con passione, educare al cambiamento, all'autonomia e alla libertà .

"Non è in base all'orientamento sessuale che si definisce una persona." (Sofia, 16 anni)

"E' grave che ci sia anche una sola persona razzista." (Simona, 17 anni)

"Uomo e donna possono sostenersi a vicenda, senza stare l'uno dietro l'altro" (Sofia, 16 anni)

"La ricchezza della diversità: essere tutti uguali sarebbe monotono." (Alice, 16 anni)

"Le quote rosa sono inutili perché aumentano la disuguaglianza di genere, anche se l'obiettivo dovrebbe essere il contrario" (Martina, 21 anni)

"La nostra mentalità dovrebbe essere come l'universo: infinita e senza limiti" (Lisa, 18 anni)