mercoledì 6 novembre 2019

chiudete gli occhi e ricominciate

Cara Giorgia,
siamo nel bel mezzo di un reinizio e cerchiamo di trovare un equilibrio, di ricalibrare il tutto per vivere bene. La bellezza di questo momento sta nel rinascere un po' per volta, di osservare e capire, rispondere ai bisogni dell'altro e ascoltare i propri.

Io i miei figli li tratto tutti allo stesso modo, sono tutti uguali.
Non credo siano tutti uguali.
Si, sono tutti miei figli, allo stesso modo.
Ma sono tutti diversi. Ciascuno ha i propri bisogni, ciascuno ha necessità diverse in tempi differenti.
No no, io non faccio figli e figliastri.
Qui non si tratta di fare figli e figliastri, si tratta di rispettarli in base a ciò che sono e a ciò che provano, alle varie difficoltà che incontrano nella vita.
No no.

E quel no è una porta chiusa, sbattuta senza possibilità di riaprirla.
E ogni tanto qualcuno si affaccia alle finestre, ma talvolta vengono chiuse anche quelle.
Tutto sigillato in nome di uno schema prestabilito che non si cambia per nessuna cosa al mondo.

Poi c'è chi sceglie di non proseguire con quello schema, di cambiare le carte in tavola, di cambiare mazzo e pescare nuove possibilità.
C'è chi sceglie di imparare cose nuove, mettersi in gioco, formarsi per capire come migliorarsi, come stare meglio con se stessi e con gli altri e come crescere meglio i propri figli.
Poi alla fine gli errori si commettono, ma c'è differenza tra quelli che si commettono con la porta aperta e quelli che invece si fanno con la porta sigillata.

"Chiudete gli occhi e ricominciate" 
A. Jodorowsky

(Foto di zia Loredana)

martedì 15 ottobre 2019

capidanne

Cara Giorgia,
inizia una nuova stagione: l'autunno.
Tempo di reset e rinizi .
Riprende la scuola, la routine, il tram tram quotidiano con tutti gli impegni settimanali dei grandi e dei piccini. Ci si sente più carichi dopo le vacanze estive e anche più motivati ad intraprendere nuove strade e nuovi progetti.
Settembre.
Capidanne.
Anticamente in Sardegna si seguiva il calendario bizantino nel quale il Capodanno era a settembre, mese di inizio dei lavori agricoli.
Capidanne.
Per noi questo inizio è stato un po' lento ed è slittato ad ottobre.
Sarà che le vacanze non sono state esattamente riposanti, come per tutti i genitori presumo.
Sarà che forse non eravamo pronti per ricominciare.
Sarà che forse per affrontare un lungo cammino bisogna partire piano piano per non affaticarsi troppo all'inizio per poi finire con un bello sprint.
Abbiamo rispettato i nostri tempi, e i vostri.
Abbiamo aspettato senza saperlo, in silenzio.
Non c'è fretta, perché alcune decisioni hanno bisogno di tempo per lievitare.
E si sa che se non lievitano bene possono fare male.
Esiste sempre un tempo giusto, quello che arriva all'improvviso e ti guarda negli occhi.
Quello che ti chiede se stai bene e cosa potresti fare per eliminare ciò che ti fa stare male.
Quello che bussa così forte alla tua porta che è inevitabile non aprire.
Io ho aperto, e non solo io.
Apriamo, facciamo entrare aria nuova, respiriamo a pieni polmoni e vada come vada non potremo mai dire di non aver scelto.
Capidanne.


martedì 6 agosto 2019

ho bisogno di

Cara Giorgia,
ti scrivo mentre penso a voi due che crescete all'impazzata, che cambiate numero di scarpe o taglia di pannolini. Voi con i vostri progressi e la curiosità che vi contraddistingue da quando vi alzate la mattina fino a quando andate a letto la sera, fino all'ultimo minuto, anzi all'ultimo secondo. Probabilmente fai domande anche mentre dormi e chissà se c'è qualcuno a risponderti. Spero di si, perché il desiderio di conoscenza bisogna sempre tenerlo vivo anche se talvolta è faticoso.

Giò indovina de ite apo bisonzu como?
De silenzio.
Brava!

Dopo svariatissime domande, mille perché e quant'altro la mia testa a volte non ce la fa più.
E non mi vergogno di dire di cosa ho bisogno.
Non mi sento in colpa a chiederti per favore un po' di silenzio, perché tutti prima o poi ne abbiamo bisogno. E le esigenze vanno ascoltate e condivise.
Tutti abbiamo delle necessità, solo che a volte cresciamo convinti che possiamo farcela da soli, senza rispondere ai nostri bisogni o lasciandoli per ultimi. Prima quelli degli altri, soprattutto per noi donne.
Educazione.
Cultura.
Chiamiamola come vogliamo.
Ma forse è ora di cambiare alcune cose e iniziare ad utilizzare l'espressione ho bisogno di.
Senza paura, senza sensi di colpa.
L'unica nostra colpa, se così vogliamo definirla, sarebbe quella di non volerci bene e di non ascoltarci.

E ora io ho bisogno di un vostro abbraccio.


(Foto fatta da te, artistica al punto giusto da poterla pubblicare)



Traduzione:
Giorgia indovina di cosa ho bisogno adesso?
Di silenzio.
Brava!

lunedì 24 giugno 2019

come fanno tutte le mamme non solo mamme

Cara Giorgia,

è ormai scientificamente provato che ho perso il ritmo. Che avere due bambini non è come averne uno ma tutto raddoppia o forse si moltiplica. Che il tempo a disposizione è veramente poco e il tempo libero non esiste. O forse esiste ma possiamo definirlo in modo diverso: tempo liberato. Lo ritaglio sottraendolo a tutto quello che c'è da fare nella quotidianità e rubandone un po' ai nostri giochi e al nostro stare insieme. Lo utilizzo poi per fare ciò che mi piace, per ricaricarmi e ricordarmi che non sono solo una mamma. 

Vale ma come fai?
Come fanno tutte le mamme non solo mamme.

Vorrei riuscirci ancora di più dedicandomi a voi allo stesso modo ma attualmente non è possibile. Aspetterò. Bisogna sempre saper aspettare, avere pazienza e nel frattempo godersi il presente.
Difficilissimo.
Questo potremo impararlo da voi che non pensate al passato ne tanto meno al futuro. Vivete qui ed ora. Ecco perché non capite la nostra fretta pensando al dopo e ai vari programmi che si sfaserebbero se perdessimo quel ritmo. Ecco perché il malumore per una caduta o un'offesa sparisce presto e ritrovate il sorriso molto più in fretta di noi.
Vorrei che la vostra spensieratezza potessimo provarla anche noi, almeno una volta al giorno, per dieci minuti.
Vorrei fare una qualsiasi cosa concentrandomi su di essa senza dover pensare a tutto ciò che devo fare poi.
Vorrei svegliarmi ridendo come fa lui, anziché con l'indecisione se stendere i panni prima o dopo la colazione.
Vorrei non dover programmare niente e vivere alla giornata senza sapere nemmeno che giorno è.
Vorrei tutto questo, ma non posso averlo.
Non posso perché l'età della fanciullezza l'ho oltrepassata da parecchio, perché sono mamma e ho grandi responsabilità nei vostri confronti, perché la spensieratezza non fa parte dell'età adulta.
E visto che non posso vivere questo posso almeno liberarmi un po' di tempo per seguire le mie passioni e fare ciò che mi fa stare bene.
Si, lo faccio, l'ho sempre fatto anche se non sempre allo stesso modo. Esistono ritmi diversi in base al periodo che si vive, all'età dei figli e all'ispirazione.
E' sempre una questione di equilibrio che a volte c'è e a volte è precario.
Ora c'è?
Non saprei, ora ho solo necessità di ricaricarmi.
Allora prenditi un po' di tempo liberato.
Ma manca l'ispirazione. Crisi artistica.
La crisi può essere sintomo di crescita.
E allora stop. Vivo la crisi, la accolgo, la ascolto.
E se sono idee arriveranno.


mercoledì 15 maggio 2019

crescere e creare

Cara Giorgia,
sono giorni di transizione tra impegni che finiscono e progetti in movimento.
Una sorta di cambio stagione dell'armadio che stenta ad arrivare per vari motivi.
Primo fra tutti: il tempo.
Questo non basta mai.
Vorremo il tempo per giocare con voi e quello per coccolarvi.
Il tempo per leggervi le storie della buonanotte e quello per guardare insieme un film.
Il tempo per inventare nuovi giochi o uscire fuori a giocare all'aria aperta.
Il tempo per lavorare e per inseguire nuovi sogni.
Il tempo per scrivere e per fare formazione.
Il tempo per creare eventi e conoscere persone nuove.
Il tempo per condividere i nostri pensieri e le nostre emozioni.
Stanca solo ad elencare il tempo che occorre.
Stanca perché il tempo è tiranno e forse è suddiviso male.
Tolgo il forse.
Alla fine lo tolgo sempre.
Lo metto mentre rifletto, poi ci penso e lo tolgo.
Ma va bene, si è sempre in tempo per cambiare le cose. Basta riavvolgere un po' il nastro, rivedere la scena dal di fuori, vedere quello che non va e pensarci su.
La notte porta pensiero, dicono.
Ma anche il giorno lo porta.
Il pensiero è sempre lì, dietro l'angolo. A volte lo vediamo, a volte non lo vogliamo ne vedere ne ascoltare. Ma in fondo in fondo sappiamo che c'è.
Il pensiero che forse ci fa male e ci ferisce, ma c'è.
Una realtà che ci porta malessere e momenti out.
Ma anche questi sono necessari per crescere.
Si cresce con fatica, a tutte le età. E forse per chi aiuta a crescere qualcun'altro crescere è ancor più difficile.
Dal latino: crescere dalla stessa radice di creare.
Si cresce e si crea.
Chi non cresce resta fermo, immobile, fisso.
E l'immobilità a lungo andare fa male, molto male.

Cresci, crea, sogna.



mercoledì 27 marzo 2019

chi si ferma è perduto o forse si riposa

Cara Giorgia,
è tornato il tempo delle novità. Sarà che è arrivata la primavera e piano piano ci spogliamo del grigiore dell'inverno e riprendiamo a respirare a pieni polmoni. Sarà che la creatività che era in letargo è finalmente uscita dalla tana e ora difficilmente si ferma a riposare.
La vita ci ha sorriso di nuovo regalandoci un nuovo cuginetto: Diego. E' nato di lunedì, di notte, in silenzio, regalandoci un bellissimo e dolce buongiorno al nostro risveglio.
E' iniziato poi il tempo delle gite, delle domeniche trascorse in compagnia a conoscere pezzettini di mondo. Iniziamo da Turri con l'evento "Tulipani in Sardegna". Luogo meraviglioso che ci porta a trascorrere una bellissima domenica in mezzo alla natura. 
E ora, piano piano, apro le porte della mia seconda casa: il palcoscenico.
Lo faccio parlando di donne, di mamme, con il Coro Femminile Intrempas.
Mi metto a lavoro con entusiasmo ed energia ritagliando vari momenti della giornata per scrivere, studiare e provare. E nonostante le interruzioni di tuo fratellino che ha fame, sonno, bisogno di essere cambiato e coccolato riesco poi a riprendere il filo del discorso e a creare ciò che mi piace e che spero trasmetta emozioni e riflessioni.

Vale ma come fai a riuscire a fare tutto?
In realtà non riesco a fare tutto ciò che vorrei, vado per priorità, ma vado.

Vado per la mia strada, quella che ho scelto, quella che mi porterà non so dove ma spero alla realizzazione di un sogno.
Vado incontro all'arte che stavolta mi ha chiamato senza che la cercassi poiché mi sembrava troppo presto.
Vado dritta senza voltarmi indietro e senza pensare alla fatica che ormai fa parte di noi.
Vado avanti tenendo sempre per mano te e Nicolò, grandi fonti di forza e ispirazione.
Vado avanti, anche se un po' a rilento ma non mi fermo.
Chi si ferma è perduto o forse si riposa.
Il mio riposo mentale è questo.



mercoledì 13 marzo 2019

quel dannato tunnel

Cara Giorgia,
finalmente riprendo possesso del mio computer e anche un po' del mio tempo per scrivere.
Eppure settimane fa pensavo che non ci sarei mai riuscita, mi sembrava impossibile tornare ad occuparmi delle mie cose, del mio lavoro, dei miei impegni artistici. Mi sbagliavo, per fortuna. E' che un neonato assorbe gran parte del tempo di una madre, soprattutto se è il secondogenito. Ci si fa in quattro per stare dietro ad entrambi e talvolta lo sconforto vince alla grande.

Mamma perché piangi?
Perché sono stanca. Anche le mamme si stancano.
Lo vuoi un abbraccio?
Si!

E le lacrime spariscono, lo scoraggiamento si attenua e si riprende in mano la situazione col sorriso.
Ma non sempre è così facile.
Ultimamente sento diverse storie di donne che soffrono di depressione, alcune da anni, fin da quando sono diventate mamme. Depressioni post partum non riconosciute, non affrontate e non seguite. Si, perché la depressione va innanzitutto individuata.
E poi?
E poi va curata.
E se non la si riconosce?
In quel caso lei va avanti, sempre di più. A volte sembra sia sparita ma poi ogni tanto fa capolino.
E' che ci si vergogna di averla, di curarla.
Vero.
Perché mai?
E' un fattore culturale e sociale, sembra che le malattie possano essere solo fisiche, quelle mentali sono sintomo di pazzia.
Invece no.
Già. Ma se ne parla in questi termini, quando se ne parla, perché la maggior parte delle volte queste donne non ne fanno parola con nessuno, si tengono tutto per loro e in questo modo il malessere cresce sempre di più.
E i padri?
Loro talvolta non hanno gli strumenti per riconoscere la depressione, in altri casi se ne accorgono ma non sanno cosa fare. Altri ancora fanno finta di niente forse perché avere un partner depresso fa stare male, ci si sente impotenti e apparentemente la cosa più semplice è lasciar scorrere tutto.
Non è facile.
No, non è facile neanche per loro. E in alcuni casi loro possono soffrire di depressione post partum paterna. Sono casi più rari ma può capitare.

Lo so, lo so. Non sono argomenti per niente felici, ma sono reali.
Diventare mamma è una cosa bellissima, ma non sempre tutto va nel verso giusto, non sempre questa esperienza è come l'abbiamo immaginata, non sempre porta felicità. E qui il gatto inizia a mordersi la coda, ci si sente in colpa per non essere felici e più crescono i sensi di colpa e più si sta male.
Tunnel, spaventoso e scuro.
Ma possiamo accendere la luce no?
Si, da fuori si, ma chi è dentro non vede l'interruttore. Osserviamo bene le mamme, guardiamole negli occhi per capire se sono dentro o fuori da quel dannato tunnel.



mercoledì 13 febbraio 2019

pensieri e formaggio, lotta e ricotta: da soli non si va da nessuna parte

Cara Giorgia,
ti scrivo ahimè dopo più di un mese. Come avrai visto con i tuoi occhi essere la mamma di un neonato è parecchio impegnativo e non lascia il tempo per tante altre cose. Minuti contati per preparare il pranzo, fare la doccia, prepararci per andare all'asilo. Insomma ben poco relax, ma vederti felicemente innamorata di Nicolò mi da la forza per affrontare tutta la fatica delle giornate e delle nottate insonni.
Mi manca scriverti, raccontarti ciò che succede attorno a noi e lontano da noi.
Oggi abbiamo vissuto un po' di storia, insieme.
Zero scuola e tutti in piazza per solidarietà con i pastori.

Tu andrai alla manifestazione?
Certo!
E tu?
No, perché dovrei? I pastori si sono mossi quando hanno manifestato gli altri settori?
E anche se così fosse perché dobbiamo ragionare in questo modo?
Occhio per occhio, dente per dente.
Ma così non si va da nessuna parte.
Pazienza.
Come pazienza? Forse questo è proprio il momento giusto per stare uniti e lottare tutti insieme per un possibile cambiamento, forse è proprio il latte, bene primario, che ci da la forza di combattere per ottenere il giusto riconoscimento del nostro lavoro.
Si ma non siamo tutti pastori.
Certo che non lo siamo, ma che importa? Da soli non si va da nessuna parte, nessuna.

Si chiama solidarietà, unione.
Stare uniti, combattere civilmente tutti insieme.
Essere solidali ci fa bene e ci rende più forti.
Avere tutti lo stesso obiettivo ci unisce, grandi e piccoli, pastori e non.
Oggi abbiamo vissuto tutto questo durante la manifestazione a Orani.
Ed è stato bellissimo vedere quel fiume di persone percorrere le vie del paese, arrivare in piazza e condividere pensieri e formaggio, unione e latte, lotta e ricotta.
Quando sarai più grande capirai meglio cosa sta succedendo, per ora sappi di aver partecipato ad un bellissimo gesto comunitario dove tutti hanno contribuito con la loro presenza, senza se e senza ma, senza pensare al passato ma guardando al futuro, combattivi e positivi, insieme.
#noistiamoconipastori


(Foto di madrina Annalisa)





mercoledì 9 gennaio 2019

la sindrome di Wonder Woman: il furto della libertà

Cara Giorgia,

finalmente trovo qualche minuto per dedicarmi alla scrittura, attività da me tanto amata ma che richiede un po' di tempo, silenzio e concentrazione. Cose che con un neonato in casa sono molto rare. Mi ritrovo a fare mille cose, a guardare l'orologio e vedere le lancette scorrere velocemente senza avere il tempo di fare tutto quello che vorrei fare. Ma forse è impossibile fare tutto. Tolgo il forse, è davvero impossibile e la sindrome di Wonder Woman è sempre in agguato. E cascarci è molto molto facile. Ed è per questo che a volte mi fermo un secondo, ragiono un attimo e stop. Ma non basta fermare il corpo, occorre fermare soprattutto la mente che nel frattempo continua a pensare alle cose non fatte che si accumulano alle altre in programma fino ad arrivare allo scoraggiamento totale. 
Fiuuuu. Che fatica.
Non lo so quale sia la soluzione per alleviare il carico mentale, so solo che lo ereditiamo dalle nostre mamme fin da quando siamo piccole. Le guardiamo fare un sacco di cose senza fermarsi un attimo, le imitiamo e finiamo per crescere in questo modo. E così farai tu se mi vedi con questa sindrome.
E così sarà nei secoli dei secoli.
Noooooooooooooooooooooooooooo.
Possiamo fare qualcosa, dobbiamo fare qualcosa.
Però i figli maschi non ereditano questo modus operandi.
Beh certo, perché imitano i padri che solitamente non hanno un carico mentale come il nostro. Si tratta sempre delle solite differenze di genere che nascono fin da subito attraverso l'educazione.

“Furto della libertà.

I maschietti, sos mascittos, sos pitzinnos, sos pitzinneddos.
Mezzi di trasporto, armi, costruzioni, calcio.
Bambole, cucina, pentole, passeggino, vestitini. Non si può. Non diventi uomo.
Non sono da maschietto, mascittu, pitzinnu, pitzinneddu.
Non piangere, sii forte, se ti feriscono difenditi, non stare lì in palato come una femminuccia.

Le femminucce, sas emineddas, sas pitzinnas, sas pitzinneddas.
Bambole, gioielli, vestitini, pentole, caffettiere, passeggino, carrozzina, ferro da stiro, aspirapolvere, mocio vileda baby, danza. Tutto in rosa, estremamente rosa. Gli altri colori non esistono.
Puoi piangere, sei sensibile, sesso debole, porgi l’altra guancia, prenditi cura degli altri prima che di te stessa e stai tranquilla che tuo fratello ti proteggerà, perché lui è un maschio.

Fiocco rosa, fiocco azzurro.
Fiocco che determina disparità di genere, conflitti, poteri e dispoteri.
Equilibrio mancato, apparente, inesistente, fetente, appestante.

Luca lascia stare quel passeggino, è un gioco da femmine.
Ma mamma….
Luca d’apo nau chi nono, michi tando di piccan in giru!
Ma….
Ma nudda, vieni che ti do un cioccolato, e non piangere che sei un piccolo uomo.

Sedati, convinti, frenati, persuasi, soffocati, raffreddati, smorzati.

Alice lascia stare quel camioncino, è un gioco da maschi.
Ma mamma…
Alice d’apo nau chi nono, masciariotto chi non ses atera.
Ma…
Ma nudda, vieni che ti faccio giocare con il cellulare.

Soffocate, represse, controllate, trattenute, schiacciate, oppresse.

Rosa, azzurro, rosa, azzurro, rosa, azzurro.
L’arcobaleno è sparito, scomparso, estinto, dileguato, dissolto.
Gli altri colori non esistono, non sono mai esistiti per il genere umano, o forse si, in un tempo assai remoto, lontano, distante, diverso.

L’ha uccisa perché era geloso.
Era una ragazza facile.
E’ una moglie succube, peggio per lei.
E’ stato un attimo di follia.
Ha perso la ragione.
Gelosi.
Folli.
Pazzi.

Etichette, targhette, cartellini, marchi.
Rosa, azzurro, rosa, azzurro, rosa, azzurro.

Crescono con idee apparentemente giuste, schematiche, probe.
C’è chi sta sopra e chi sta sotto, come un letto a castello.
E quando quel castello cade la rabbia prende il sopravvento.
Violenza, aggressività, durezza, prepotenza, coercizione, sopruso.
Ferite nella pelle, nell’anima, nella testa.
Ferite difficili da vedere, riconoscere, lenire, sanare, identificare, capire.

Ladrocinio, furto, truffa, razzia.
Subito, al terzo giorno, forse al quinto.
Quel fiocco, arma potente, pericolosa, dominante, forte.
Eppure apparentemente innocente, carina, simpatica, ingenua, candida pura.

Furto senza scasso.
Rosa, azzurro, rosa, azzurro, rosa, azzurro.
Furto armato.
Rosa, azzurro, rosa, azzurro, rosa, azzurro.
Furto corazzato.
Rosa, azzurro, rosa, azzurro, rosa, azzurro.
Furto distruttivo.
Bottino: la libertà.”

E anche stavolta il fiocco non è del colore dettato dalla nostra società.
Abbiamo accolto il piccolo Nicolò nella sua casa con un bel fiocco verde e giallo, lo abbiamo accolto donandogli la libertà di essere così come vorrà, senza nessuna etichetta, senza nessuna aspettativa di genere. Lo abbiamo accolto libero e gli auguriamo di rimanere sempre così.



Fiocco nascita realizzato da La Babaiola Creazioni e ricamato da zia Michela Murru