mercoledì 18 novembre 2015

senza strisce, senza stelle, senza stemmi

Cara Giorgia,
questi sono giorni di tristezza e dolore. 
Eh si, ci sono anche questi giorni nei quali si guarda la tv e si piange anche per chi non si conosce.
Si piange per le vittime di una guerra nascosta con tante sfaccettature e tanti carnefici.
Si piange perché si perde la vita per arricchire i potenti.
Si piange perché ci sono vittime di serie A di cui tutti parlano per 1440 minuti al giorno e vittime di serie B di cui si parla un minuto la settimana o forse niente.
Tragedie che vengono oscurate da altre nuove tragedie che ci fanno dimenticare il passato.
Ma il passato è lì fermo, immobile, che ci guarda e ci dice "se mi pensi forse potresti evitare che riaffiori con altre vittime e altre lacrime".
Si, dovremo pensarci più spesso al passato, alla storia che ci ha portato fin qui.
Ma forse non basta.
I media ci imbottiscono di notizie, di quelle che vogliono loro e di chi sta in alto.
La maggior parte delle verità su ciò che succede forse non la sapremo mai.
Giudichiamo in base a ciò che leggiamo, sentiamo.
Ma alla fine che ne sappiamo?
Sappiamo solo che una marea di persone perde la vita ogni giorno, e non per malattia o per disgrazia.
Sappiamo che le persone che vengono uccise non hanno bandiera se non quella del mondo.
Le vittime della guerra sono tutte uguali.
Sono esseri umani, senza strisce, senza stelle, senza stemmi.
Esseri umani.


mercoledì 4 novembre 2015

comunque..

Cara Giorgia,
come ogni lunedì anche stavolta guardo la trasmissione "Amore criminale". Si parla di storie tristi e da paura, ma ahimè sono reali e possono accadere a tutti noi, nessuno escluso.
La vita, come ti dico sempre, non è tutto rose e fiori, ma ci sono anche le spine.
Una di queste spine è la violenza, che fa male sia al corpo che all'anima.
Tutti possiamo esserne vittima, ma non c'è niente di cui vergognarsi o da nascondere.
Bisogna sempre parlarne con qualcuno perché parlarne è già un bel passo che ci fa sentire meglio.
E' difficile lo so, ma credimi che parlandone la sofferenza viene subito alleviata.
Prima se ne parla e meglio è.
Prima se ne parla e prima si risolve.
Eh già, tutto si può risolvere. L'importante è comunicare ciò che ci succede a qualcuno. Un genitore, un amico, un fratello, una sorella. Anche uno sconosciuto va bene.
Dire le cose a voce alta ce le fa vedere più reali. Se restano nella nostra mente ci rimbombano di continuo e ci creano un sacco di confusione.
Tiriamole fuori, anche se molto spesso non si sa come iniziare a parlare.
Va bene con qualsiasi parola. Per esempio "comunque...."... è una parola aperta alla quale l'altro ti chiede sicuramente di continuare a parlare. E si sa che per dire cose difficili a volte abbiamo bisogno di stimoli.
S'inizia con una parola, poi le altre scorrono prima lentamente e poi più veloci.
E' come qualsiasi costruzione, un puzzle. S'inizia con un pezzo, poi si aggiungono tutti gli altri.
L'importante è iniziare.